Italia. Oggi. La devastante storia di un uomo che dedica la sua vita alla lotta per la difesa di ciò che dì più sacro esista: i diritti umani fondamentali. Quelli di se stesso, della sua piccola ma, purtroppo non così inconsapevole, bambina. Tra avvocati famelici, giudici incompetenti e corrotti, forze dell’ordine decise unicamente a salvare la propria traballante immagine e servizi sociali gestiti nelle più gravi omissioni di responsabilità, viene sistematicamente avviato il conto alla rovescia. Una corsa in direzione opposta allo scorrere del tempo con la funzione di esorcizzare la realtà, nell’avvicinarsi al punto zero, seguendo un ritmo variabile solo in base alla percezione del presente, da parte dei protagonisti.
Arancio Flutti è sempre stato un impenitente libertino, egoista, superficiale e bastardo. E anche se talvolta si concede qualche fugace scappatella, da tempo è ormai sinceramente innamorato della donna con cui convive e devoto alla figlia Aurora di quattro anni, che cresce riservandole ogni forma di attenzione. E’ proprietario del Carrousel, un lussuoso hotel che la sua compagna ha preteso fosse dotato di ogni genere di comfort. Lo ha appena terminato di ristrutturare e lo ha gestito insieme con lei fino a quando questa, sedotta dal fascino della bella vita, ha preferito trovare occupazione presso un’agenzia di moda. Poi un bel giorno, senza una convincente giustificazione, lo ha abbandonato e si è trasferita dai genitori portando con sé la figlia. Sostenuta da un’avvocatessa poco professionale ma avida e spregiudicata, ora tenta di screditare l’ex-convivente, colpevolizzandolo con argomenti ovvi e banali per poter ottenere l’affido del minore ed estorcergli più denaro possibile. Angosciato e smarrito, ma determinato a far valere i propri diritti, ad Arancio non resta altra via che lasciarsi risucchiare nel vortice di una prassi giudiziaria tanto cinica quanto logorante…
Troppo facile liquidare La mannaia di Kramer come la denuncia sferzante di un diritto violato su cui impietosirsi o di un atto prevaricatorio – perpetrato con tutti i crismi delle istituzioni e l’avvallo dei timbri delle sentenze – su cui rimanere allibiti. Luca Farinotti è uno che sa scrivere e, sapendolo fare, riesce a descrivere il paradigma di una certa condizione. Dopo Lo stadio più bello del mondo, in questo suo intenso secondo romanzo, egli si affida ad un linguaggio oggettivo e dolente, crudo e amaro per andare con coraggio e ostinazione al cuore del problema. Sostenuto solo dalla volontà di dare forma al tormento di uomini ingannati e stretti nella morsa famelica di una giustizia cinica e infernale. Questa è in fondo la scommessa più urgente del suo libro: qui vanno ricercate le ragioni degli eccessi e della protervia che talora fuoriesce dalle sue parole; qui vanno individuate le motivazioni dei tanti rimandi agi aspetti puramente legali della vicenda. Non senza trascurare il senso di gran parte dei pensieri di cui si nutre il romanzo, pensieri sull’inconsolabile corruzione e la sconcertante incompetenza di tutti coloro che in questo paese usano gli strumenti della giustizia in maniera inaccurata, incidendo irreparabili ferite sulla pelle delle categorie più indifese come quella dei minori.
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