World and Restaurant – Traduzione e analisi di #mondoristorante. Tesi di Laurea di Vittoria Ghirardi, Università di Padova
Vittoria Ghirardi – Tesi IT-EN
#mondoristorante, scritto da Luca Farinotti, la cui prima pubblicazione ad opera della casa editrice Edizioni Clandestine risale a Maggio 2018, può essere presentato come un prontuario del mondo della ristorazione senza precedenti.
Vincitore del Premio Selezione Bancarella della cucina 2019, questo libro tratta l’importanza culturale e sociale di una ristorazione virtuosa alla quale, al giorno d’oggi, si contrappone un’omologazione standardizzante che sembra essersi quasi totalmente impadronita del mondo enogastronomico, comportando un drastico impoverimento di tale settore a scapito dell’utilizzo di prodotti autentici, naturali, ma anche e soprattutto delle esperienze di cui il cliente potrebbe e dovrebbe beneficiare e, in ultimo, della missione che accomuna i ristoratori che si identificano come resistenti a qualsiasi forma di processazione responsabile del decadimento qualitativo delle materie prime, così come alle moderne pratiche di ristorazione, che vanno a deturpare le esperienze che un mestiere simile, facilmente definibile come una vera e propria arte, dovrebbe farsi carico di donare al consumatore. Si tratta dunque di un saggio di denuncia ironico e pungente, tra le cui righe è possibile cogliere una mordente volontà di ricordare il passato e di ispirarvisi, al fine di preservare le nostre origini e le ricchezze che il nostro Paese offre.
Luca Farinotti nasce a Parma nel 1972, trascorrendo un’ infanzia caratterizzata da numerosi spostamenti per seguire la carriera lavorativa del padre, Augusto Farinotti, famoso chef, il cui locale fu il primo della città a ricevere una stella Michelin, e autore di La cucina di Parma.
Nonostante avesse inevitabilmente respirato gli effluvi, sia concreti che metaforici, della cucina fin dalla tenera età, svilupperà, durante l’adolescenza, un grande interesse per la letteratura. Scelse infatti gli studi classici, appassionandosi alla letteratura orientale ed, in particolare, alla poesia indiana e giapponese e alla letteratura americana della West Coast degli anni Sessanta,
correnti che stimolarono in lui un forte desiderio di conoscenza delle filosofie orientali di cui divenne esperto. Parallelamente intraprese anche gli studi universitari, in lettere moderne a indirizzo in lingue e letterature orientali. Nel 1995 uscì in libreria la sua prima raccolta di 15 poesie, Elevazioni, edita da Rebellato di Venezia. Nel 1997 fu tra i fondatori di Om Shanti- Rivista di spiritualità creativa, che racchiudeva in sé fumetti, racconti, poesia e saggi, incentrati sulla tematica della conoscenza di sé. Nel 1998 scrisse una serie di poesie, adattando alla lingua italiana lo schema dell’haiku giapponese; proprio nello stesso periodo conobbe il compositore e percussionista Alessandro Ravi, il quale venne profondamente colpito dai suoi testi, tanto da ideare lo spettacolo teatrale Un disegno a Katmandu, vincitore nella sua categoria del Festival Internazionale del Teatro dell’Assurdo (Biennale Europea) del 1999. Nel 2001 produsse inoltre un’opera multimediale, La cena dell’uomo, che risultò tra i 3 vincitori italiani alla Biennale dei giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo “Chaos & Communication” di Sarajevo. L’opera fu inoltre positivamente recensita da Luigi Veronelli, eminente autore enogastronomico italiano. Sempre nello stesso anno decise di ritirarsi in collina, negli appartamenti situati sopra il ristorante del padre, a Maiatico, per cominciare la stesura del suo primo romanzo. In questo periodo scrisse Lo stadio più bello del mondo, ispirandosi al campetto da calcio della chiesa di San Nicolò. In attesa di ricevere le prime proposte per un contratto editoriale, decise di lavorare nel ristorante, fianco a fianco con il padre, per imparare il mestiere di famiglia. Ricevette il contratto per la pubblicazione di Lo stadio più bello del mondo nel 2006; questo piccolo romanzo di formazione vinse il Premio dell’Editoria di Chiari e venne adottato come lettura per l’estate da insegnanti in scuole di tutta Italia. Nel 2008 uscì il suo secondo romanzo, La mannaia di Kramer.
Parallelamente alla scrittura, continuò ad occuparsi a tempo pieno di ristorazione, inaugurato un progetto che lui stessi definisce di bistronomia sperimentale, chiamato Mentana 104, locale che tutt’ora gestisce. L’esperienza che ne derivò o, meglio, che tuttora ne deriva, lo portò a sviluppare nuove idee e nuovi progetti,
sempre con l’intento di promuovere il suo territorio e, più in generale, tutti i territori e le tradizioni vere. Il suo obiettivo primario divenne dunque quello di promuovere la cultura dei giacimenti gastronomici, dei prodotti agricoli naturali, della cucina basata sulla materia prima autentica, in aperto contrasto con le multinazionali e la grande industria del cibo, spinto dagli insegnamenti del suo unico vero maestro, Luigi Veronelli.
Tra il 2004 ed il 2006 lavorò anche a diversi progetti di ristorazione, tra cui Busky, un food brand incentrato sulla pizza gourmet, con l’utilizzo di farine naturali e Bread-una storia d’amore, un panino-bar basato sull’utilizzo dei prodotti di alta qualità della Food Valley. Nello stesso periodo riprese ad occuparsi del ristorante storico del padre, a seguito della sua tragica scomparsa. Parallelamente entrò in contatto con il mondo televisivo, partecipando al programma 4 Ristoranti. In seguito a queste esperienze decise di dedicare le sue energie ad un’ardua missione: ridefinire i valori connessi alla produzione, distribuzione e somministrazione del cibo, con l’intento di ridefinire il concetto di qualità, soprattutto rispetto alle false informazioni mediatiche che imperversano nella nostra società. Proprio da qui è nato #mondoristorante, un libro che l’autore stesso definisce “di rottura, anti-establishment, valoroso e sincero: un libro che sta mietendo vittime e nemici ma anche molti supporters, il cui obiettivo primario è quello di perseguire nella divulgazione del “sacro”, della sostenibilità e della verità riguardo a tutto ciò che concerne il cibo, la sua produzione, trasformazione e distribuzione”.1
Il motivo al centro della scelta di questo progetto di tesi è duplice: in primo luogo la profonda curiosità ed il vivace interesse scaturiti dalla conoscenza diretta con l’autore ed il conseguente approfondimento delle tematiche a lui care, trattate nel dettaglio proprio in questo suo scritto. Da ciò è sorta spontaneamente la riflessione sull’importanza di tali ideali, spesso sottovalutati e a rischio “di estinzione”. In questa nostra epoca mediatica, responsabile della perdita di ciò
che realmente detiene un valore intrinseco, meritevole di perdurare nel tempo ed essere diffuso e preservato, credo che l’arte della traduzione debba mettersi sopratutto al servizio di tematiche di carattere socio-culturale, rendendo dunque possibile la sensibilizzazione di un’audience di lettori notevolmente più vasta. Di immensa importanza è la valorizzazione di uno dei maggiori punti di forza del nostro Paese, il settore dell’enogastronomia appunto, e la sua difesa da una sempre più forte depersonalizzazione ed impoverimento, a partire dai processi di produzione, per finire con le esperienze riservate allo stesso consumatore.
Chi meglio della figura del traduttore può farsi carico di veicolare messaggi carichi di valore, passione ed entusiasmo per una determinata tematica, divenendo “voce” internazionale dell’autore, con l’obiettivo di eternarne i pensieri, contribuendo contemporaneamente a destare larga eco su più vasta scala? Dopotutto, «I traduttori sono i cavalli di posta della cultura» («Переводчики – почтовые лошади просвещения»)2.
In secondo luogo, la ragione risulta essere prettamente più tecnica, legata alla natura del testo stesso. Lo stile dell’autore, a tratti ironico e tagliente, che alterna un linguaggio familiare con cui vengono descritti aspetti di vita quotidiana, a passaggi più ricercati e linguisticamente più arzigogolati, utilizzati invece per trattare ideologie e filosofie legate al mondo della ristorazione e, più in generale, degli alimenti e dei vini, nonché l’impiego di una terminologia alquanto peculiare, fatta di termini coniati dall’autore stesso, sulla base dei quali si costruisce l’intero pensiero che il libro vuole trasmettere, hanno risvegliato il desiderio di cimentarsi in un’impresa traduttiva molto stimolante, una vera e propria sfida linguistica e culturale.
L’ardua, inusuale ed eventualmente contestabile scelta di presentare un progetto di traduzione attiva, essendo l’italiano la mia lingua madre, trova ragione nel
fatto che la specificità del prototesto tradotto, ricco di elementi culturospecifici, ben si confà ad introdurre un concetto fondamentale della moderna teoria della traduzione, ovvero quello di linguacultura a cui segue quello di traduzionalità.
Infatti, “in materia di traduzione, parlare di “lingua” non è sufficiente. Grammatica, lessico, punteggiatura, sono solo alcuni degli ostacoli che un traduttore si trova a dover affrontare al momento di tradurre da una lingua verso un’altra lingua.” 3
Lasciando queste riflessioni per un secondo momento, l’aver prodotto, da un prototesto italiano di partenza, due metatesti differenti, in inglese e in russo, pur non padroneggiando queste ultime alla stregua di una lingua natia, non deve lasciar adito a perplessità circa la validità del lavoro traduttivo, in quanto l’obiettivo primario è stato quello di porsi da ponte tra cultura emittente e ricevente, per evitare che importanti elementi appartenenti all’implicito culturale dell’autore italiano andassero persi durante il processo di mediazione culturale (di cui quella linguistica è solo una dei tanti aspetti).
Riportando le parole di Osimo “Consapevolmente o no, migliaia di altri fattori interferiscono e creano ostacoli che possono forse essere catalogati come culturali. […] Questa differenza tra culture è la distanza che si interpone fra le stesse ed è esattamente il vuoto che un traduttore si propone di colmare al fine ultimo di rendere ogni cultura più accessibile all’altra.”(Osimo 2011:36)
Il requisito necessario per tradurre in attiva non consiste tanto nell’essere madrelingua della lingua ricevente, ma piuttosto nell’essere consci della differenza che sussiste tra le due culture e tra i rispettivi impliciti culturali, così da essere in grado di considerare la tipologia di residuo traduttivo di una traduzione meramente linguistica e, di conseguenza, attuare una strategia traduttiva complessiva che tenga conto di tale residuo e dei modi per
convogliarlo (eventualmente al di fuori del testo vero e proprio) al lettore della cultura ricevente. (Osimo 2011:35)
Il quest’ottica, il traduttore non deve solamente essere un esperto di lingua, ma anche e sopratutto un esperto di cultura e di mediazione comunicativa.
#mondoristorante presenta al suo interno una struttura eterogenea, sia dal punto di vista stilistico che contenutistico; per questa ragione sono stati scelti per la traduzione alcuni capitoli, reputati punti focali dell’intero libro, tra le cui righe prendono forma i contenuti salienti che creano una visione d’insieme, permettendo la piena comprensione dell’intera filosofia dell’autore. Viene riportato qui di seguito, per agevolare la consultazione, un breve elenco schematico dei capitoli tradotti, estrapolati dall’opera integrale.
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