La rosa del Maiatico FC – VI episodio, seconda parte

TABELLE TECNICHE

 

Compilate da Sèvi La Tettuta

Archivio by Vincenzina Press

 

 

Tito Fabielli

 

nato a Bergamo il 8 settembre 1974, altezza 180 cm, peso 65 kg.

 

Ruolo naturale: centrocampista d’interdizione.

Modelli:             Tardelli e Cabrini (perché era un figo).

Tifoso di:           prima Juve, poi Milan, infine Parma (una vergogna, se è vero che la tua squadra è una e unica per tutta la vita).

Soprannomi:      Checca (raro, ma documentabile), Cripto (introdotto da Claudién, a significarne la celata omosessualità), Titén (lingua autoctona maiaticese), Fabiéli (dialettalizzato), Figura ’d mèrda (le fonti al riguardo sono confuse e numerose, ma si ritiene possa essere ricondotto ai giorni in cui Tito fu scoperto dai famigliari nell’atto di masturbarsi).

Presenze:            124

Reti:                   34

Tenuta tipo:        capelli lunghissimi schiariti con acqua ossigenata, orecchino ribelle, magliettina del Flamengo con scritta Lubrax, pantaloncino costoso, scarpe da tennis.

Mezzo di

trasporto:            agli esordi lo accompagnava (stava a cinque o seicento metri dal campo, che per noi eran tantissimi!) sua madre su un’orribile Matra beige famigliare, poi ci furono le epoche dei Califfo 80 e dei Fifty.

 

Valutazione tecnico-atletica:

Scendeva sempre in campo con qualche fasciatura, in modo da partire – agli occhi di compagni e avversari – svantaggiato; questo gli dava la copertura per essere giustificato in caso di prova negativa e per pretendere complimenti doppi a seguito delle buone prestazioni. Aveva due gambine ridicole, rachitiche, con le quali si muoveva per il campo con la barcollanza di una cavalletta.

Abbiamo sempre creduto molto in lui, ma a causa degli infortuni (veri o presunti) che ne hanno minato incessantemente la carriera, diede spesso l’impressione di essersi espresso al di sotto delle reali possibilità.

Lo si ricorda vestito di tutto punto, con la giacca blu e la camicia azzurra e le scarpe marroni, lucide, con le suole di cuoio, a guardarci dall’alto dei suoi infortuni, a bordo campo, mentre noi ci infangavamo di brutto ed eravamo incazzati che ci mancava un uomo, zàna d’un Fabiéli  ch’an t’en sì èter!

Fu uno dei tre presidenti fondatori.

 

Andrea Grassi

 

nato a Parma il 31 gennaio 1969, altezza 181 cm, peso 72 kg.

 

Ruolo naturale: zappatore.

Modelli:             Kurt Russell (eroe buono nel film La Cosa, il favorito del Lupo), Bruce Lee, Fernando Di Donna (capo-ultras del Parma), Clint Eastwood e John Wayne.

Tifoso di:           Inter

Soprannomi:      Lupo, Lupèn, Capo, M.D.Grassi, Fiè (in italiano “fiato”, ma è più corretta la valenza dialettale “alito”; quest’ultimo epiteto fu coniato da Mora in virtù di quando Grassi, venuto alla Messa di un Natale che non ricordo, ci stese tutti con una serie deflagrante di alitate al letame).

Presenze:            267

Reti:                   47

Tenuta tipo:        magliettina bianca di supermercato bucherellata, di quelle che la maggior parte delle mamme riciclano come pannetti per spolverare i mobili, pantaloncini grigi di cotone comprati al mercatino dell’usato in piazza Gramsci a Sala Baganza (delle scarpe si è già detto).

Mezzo di

trasporto:            veniva a piedi, poi si ricordava che doveva passare a prendere il Vincio o il Cristian e tornava a casa (che era a circa quindici secondi a passo d’uomo) a brandire il mitico Ciao.

 

Valutazione tecnico-atletica:

Una leggenda vivente, tanto incapace nel giuoco del calcio quanto fenomenale compagno di avventure. Come ogni guru che si rispetti, ci donò il Mantra di riconoscimento “Fuma bene, fuma sano, fuma solo pakistano”, che noi discepoli fedeli recitiamo a tutt’oggi nelle nostre meditazioni serali.

Fu uno dei tre presidenti fondatori.

 

Michele Bottioni

 

nato a Tucson (Arizona, USA) il 9 novembre 1971, altezza 175 cm, peso 75 kg.

 

Ruolo naturale: massacratore (vedi Claudio Gentile e/o Pasquale Bruno).

Modelli:             John Holmes (per la nerchia, sua imbarazzante defezione), e Jon Bon Jovi (da cui uno dei suoi soprannomi).

Tifoso di:           prima Juventus, poi Inter, in accordo con la manifesta Mora-dipendenza.

Soprannomi:      Òi Bottionòi, (Jon Bon) Bottio, M.D.Bottio, Divoratore di spermatozoi.

Presenze:            177

Reti:                   39

Tenuta tipo:        collana stile mareca anni ottanta di perline scure fintissime, giubbotto nero, felpa Best Company rosa sporca di morchia, pantaloni lunghi grigi di felpa, stivali oppure anfibi.

Mezzo di

trasporto:            la sua casa era cento metri più giù di quella del Lupo e, dal campo, lo sentivi metter in moto e ne seguivi con l’udito tutto il tragitto siglato dal rumore della marmitta/non-marmitta dell’Italjet, che a Maiatico è un’istituzione.

 

Valutazione tecnico-atletica:

Sul Bottio non c’è molto da dire, e poi tra lui e me non corse mai buon sangue. Era un falcidiatore di caviglie, ginocchia, quadricipiti e mandibole.

Scendeva in campo per fare del male e, nella foga del furore agonistico, finiva sempre per confondere i colori in campo, sbudellando, nel più completo caos, anche i sottoscritti suoi compagni di squadra.

Era un fanatico cow boy e si vestiva sempre di pelle. Credo di averlo visto più di una volta anche al San Nicolò con gli stivali da ranger e forse gli speroni.

Il giubbotto di coccodrillo selvaggio ce l’aveva sempre addosso, lo toglieva solo quando doveva tuffarsi per parare un rigore.

 

Andrea Mora

 

nato a Parma il 24 novembre 1971, altezza 160 cm

(anche se lui asserisce “173, prego!” e altre fonti parlano di 164 o 168, mentre agenzie dell’estrema destra riferiscono 159), peso n.p.

 

Ruolo naturale: mediano di spinta e/o mezzala destra

Modelli:             se stesso

Tifoso di:           Inter (anche se ebbe l’opportunità di giocare nelle giovanili del Milan, dove ancora si strappano i capelli a causa del suo rifiuto).

Soprannomi:      O’Mora, Endriù (arcaico: io e Tito avevamo ordinato una maglietta, in un villaggio turistico, a Bahia, con la scritta Andrew sulla schiena, ma sulla t-shirt che ci consegnarono era stato apposto un bell’Endriù; gliela regalammo lo stesso e così rimase, anche per noi), Morèn, Moretto (rec.), Bégo (in chiaro riferimento alla sua struttura fisica di lombrico).

Presenze:            233

Reti:                   112

Tenuta tipo:        difficile dar torto a chi ne ha fatto il Vessillo del proprio scherno: offendeva la vista altrui, oltre che con deprecabili completini viola, esibendo, su un fazzoletto bianco arrotolato intorno alla testa e annodato sulla nuca, il simbolo circolare rosso della bandiera giapponese.

 

 

Mezzo di

trasporto:            un vergognoso parco-due ruote (più degno di un magnate del petrolio che di un giovane marxista quale lui tuttora simula di essere).

 

Valutazione tecnico-atletica:

Era il fuoriclasse del Maiatico F.C.: controllo di palla, velocità, visione di gioco e abilità nel disimpegno, sempre o quasi, di prima intenzione.

Queste qualità costanti erano impreziosite da estemporanee imbeccate per i compagni lungo corridoi impossibili.

Inoltre, sapeva smarcarsi e smarcare col tempismo del gran giocatore.

Autentico talentuoso, quando saliva al campetto era obbligato a dimostrare di essere un vero giocatore e a soddisfare le aspettative di tutti.

In un mondo dove le formazioni si facevano con Bim Bum Bam fu quasi sempre il primo ad essere scelto, solo a volte il secondo, mai l’ultimo (destino crudele di cui Pavlén è il testimone con più esperienza): ciò equivaleva ad ammettere, da parte di tutti, che chi aveva Mora in squadra avrebbe vinto.

Era talmente pieno di sè da dare il voltastomaco, ma anche talmente buffo da volergli veramente bene. Saliva al campo con dei completini cuciti dalla nonna, una gran bella vecchina piccola ed esile con due occhietti lucidi che a volte la rimpiango, di cotone viola scuro e di tre misure in più. Dentro ai  bermuda ci ballavano quelle zampette lattee, con le vene blu in trasparenza su quei muscoletti tondi da galletto Vallespluga; dai maniconi promanavano altrettante braccina bianche bianche, un po’ preoccupanti. Poi, dal collettone – fiore all’occhiello dei famosi “completini O’Mora” – ecco comparire la testolina morbidosa e forforaia, con una faccia da “uomo” che ti dava un contrasto davvero allarmante.

Fino a che tal fior di fisico gli resse, fu un vero piacere giocare con lui: quanti –da rimembrare! – assist sui piedi, solo da spingere in porta.

Fu calciatore altruista.

 

Ferdani Massimiliano

 

nato a Tirana o Leningrado nel gelido febbraio del 1972 (200 cm x 90 kg).

 

Ruolo naturale: mediano della giungla.

Modelli:             me, l’Aprilia, la Iveco e Antonio Inoki.

Tifoso di:           va da sé, Juventus.

Soprannomi:      Férda, L’Uomo delle Caverne, Tarzan.

Presenze:            229

Reti:                   89

Tenuta Tipo:      vedi sotto.

Mezzo di

trasporto:            piante dei piedi (era quello che abitava più lontano dal San Nicolò – circa 3 km – e tanto invidiava noi che ci stavamo a due passi quanto era più forte la sua voglia di esserci sempre, di venirci anche scalzo, per sentirsi più vicino al nostro centro del mondo).

 

Valutazione tecnico-atletica:

Arrivava al campo indossando pelli di animali catturati nel bosco ma lo faceva col cuore spezzato, era assolutamente refrattario ai vestiti. Costretto in abiti civili, era colto da crisi di claustrofobia che lo portavano inevitabilmente a defecarsi nei pantaloni. Il giorno della Cresima riuscì a procurarsi un paio di jeans e una camicia verde fosforescente e pensò di essere elegante ed era felice, ma don Don lo sgridò severamente e le mamme degli altri bambini dicevano che veniva da una famiglia di straccioni e che “non si entra in chiesa così”. Quando scendeva in campo, infondeva sicurezza a tutto il reparto difensivo e, in attacco, si giocava sul velluto, perchè ti sentivi protetto.

Era un grezzo ma leale e battagliero, forse quello che, tra di noi , aveva l’animo più eroico.

 

Luca Farina

 

nato a Parma il 14 giugno del 1972, altezza 178 cm, peso 70 kg.

 

Ruolo naturale: attaccante simulatore.

Modelli:             Platini, Actarus e Shingo Tamai.

Tifoso di:           purtroppo, Juventus (so che “sappiamo solo rubare”, ma al cuor non si comanda).

Soprannomi:      Luchén (maiaticese spinto, in salese tradizionale sarebbe semplicemente Luché), Faro.

Presenze:            311

Reti:                   177

Tenuta tipo:        completino Aston Villa 82/83, con maglietta rigorosamente fuori dai calzoncini, fascetta stile Sol Levante, alla stregua di Andrea Mora.

Mezzo di

trasporto:            una splendente sella Chopper bianca che suo padre gli acquistò una mattina d’estate in una bottega polverosa e poi gli saldò sul  vecchio Garelli di quand’era ragazzo lui.

 

Valutazione tecnico-atletica:

Fisico da bón ’d zughèr ma non da atleta, le cui giocate erano preziose perché cercava sempre il gran numero, che gli riusciva una volta ogni ottomila (non aveva le qualità tecnico/fisiche per esser Platini, sebbene lo volesse imitare). Ogni tanto, però, gli usciva quel tocco magico da figurina che valeva per tutti quelli sbagliati.

In campo, ahimè, era il più bastardo di tutti. Passarono alla storia i suoi falletti tattici a centrocampo – da cui trasse ispirazione anche il numero 4 del Milan Demetrio Albertini, alcuni anni più tardi – e i suoi gol di rapina, spesso realizzati in seguito a fallacci subdoli sul marcatore diretto – nell’Archivio Storico di Dino Pampari è conservata una videocassetta che documenta chiaramente un’entrata da squalifica a vita del Farina sul portiere avversario, durante una partita interscolastica alla palestra di via Kennedy, a Parma (arbitro: il Sig. Gastaldo di Sarno): una raffica di calci al volto e alla figura del portiere in lacrime che teneva stretto il pallone tra le braccia non fu rilevata dal direttore di gara, e ancor oggi che la prova televisiva non vale, Luchén può dormire sonni tranquilli.

Quando ebbe al fianco giocatori di spessore come O’Mora e/o il futuro compagno Andrea Martis* riuscì ad esprimersi su alti livelli realizzativi , dando vita ad alcuni momenti di calcio travolgenti.

Fu uno dei tre presidenti fondatori.

 

* Vedi IL GOL DELLA VITA, in Altre storie Maiaticesi.

 

Lo Stadio più bello del mondo, luca farinotti, Maiatico

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